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TRONFIO E TRIONFANTE

Marcello Gemma
IIIC

Il 18 novembre usciva “Noi, Loro, Gli Altri”, ottava fatica del rapper milanese Fabio Rizzo, in arte Marracash: si tratta infatti del suo secondo album dopo un lungo periodo di silenzio durato quasi 5 anni e conclusosi con “Persona”. Questi due album sono vicini non solo anagraficamente, ma anche per le posizioni politiche, sociali ed intellettuali prese dall’autore. Possiamo dire infatti che mentre “Persona” è l’album del ritorno maestoso nella scena, il suo successore è una vera e propria dichiarazione di guerra contro una specifica categoria sociale che viene identificata con il titolo di “Loro”. Sono numerosissime le interpretazioni che si possono dare al concept dell’album, che può essere generalmente visto come la volontà del rapper di differenziare sé stesso e chi gli è vicino dalla concorrenza e dai vari detrattori, manifestando la sua disponibilità allo scontro in qualsiasi momento. Se invece ci spostiamo su un’analisi più politica è facile comprendere la visione della società contemporanea di Marracash, spesso ribadita durante vari brani: una visione onestamente pessimista in cui la differenziazione delle lotte sociali non ha fatto altro che creare una realtà in cui anche chi lotta per i diritti tende a dimenticare di far parte di una collettività. Di fatto il concetto di “noi contro loro” e di indifferenza, contornata da un troppo frequente disinteresse verso il prossimo, verso il diverso, fa da teatro per gli scontri che tutti i giorni infiammano il dibattito pubblico, e dunque rimane una duttile fonte di argomenti. L’aspetto critico trova particolarmente spazio nel pezzo “Cosplayer”, in cui il rapper dal successo inspiegabile alla classe politica non dispensa nessuno dalle critiche, che nell’ultimo parte del brano assumono un carattere fortemente sociale, dal momento in cui vanno a delineare un mondo che lottando sempre di più per il particolarismo della propria identità,  non ha fatto altro che perderla, dimenticando anche che la società tende continuamente al giusto progressismo.
Ovviamente non manca lo spazio per pezzi introspettivi che fanno sempre tanto piacere agli ascoltatori: sono queste infatti le occasioni in cui si ha l’opportunità di conoscere ancora più profondamente un artista.

Un esempio ne è “Dubbi”, in cui Marracash mediante passaggi autobiografici si pone interrogativi, trovando risposte incerte che lo portano a guardare alla propria vita con malinconia; oppure brani interamente basati su eventi autobiografici, in cui descrive in maniera dettagliata varie amicizie che lo hanno portato ad analizzare profondamente non solo la sua persona, ma soprattutto quanto la sua condizione sociale influenzasse il suo modo di pensare e di vivere le relazioni. Infatti il tema onnipresente della “strada” gioca anche in questo campo un ruolo fondamentale, diventa non solo un argomento, ma un excursus che rende possibile attuare un’analisi diversa dal normale, quasi spietata e spesso crudamente realista di ciò che ci circonda.
Uno degli obiettivi del rapper milanese è sicuramente ricordare all’ascoltatore che ci troviamo davanti all’ennesima fatica di una delle penne migliori, se non proprio la migliore, che la musica hip hop italiana abbia mai visto, un vero e proprio pilastro che non riesce a passare di moda, e che forse segna definitivamente la fine di un periodo musicale che ha visto la totale assenza dei contenuti per lasciare spazio ad una musicalità fresca ma spesso vuota. È sicuramente un lavoro bilanciato, in cui è possibile trovare tracce di denuncia, tracce un po' più “pop” ma per niente frivole e tracce che spingono a una vera e propria riflessione su chi siamo e in quale ambiente siamo calati. Questo complesso artistico riconferma quindi il ruolo di Marracash all’interno della scena rap italiana di colonna portante e soprattutto lancia una sfida alla concorrenza, alzando di tanto il livello dei testi e della musica e sfidando dunque tutti a fare la stessa cosa, ovvero reinventarsi senza mai ripetersi o essere banali.

UN CONCERTO DA GOOSEBUMPS 

Serena De Filippis Ludovica Cimino  Antonella Saccardo
                                               IV A

Tutti noi ad un concerto ci aspetteremmo di vivere un’esperienza indimenticabile, una serata di pura allegria ed euforia; invece, l’evento di Astroworld che ha visto come protagonista Travis Scott è stato tutto l’opposto. A Houston, in Texas il 5 Novembre 2021 ha avuto luogo l’Astroworld Festival, un evento musicale che vede tra i fondatori proprio Travis Scott e quest’anno, durante la terza edizione, gli organizzatori hanno fatto entrare circa 50 mila persone, vendendo molti più biglietti di quanti in realtà fosse stato possibile. Durante il concerto la folla ha iniziato ad accalcarsi sotto al palco, soprattutto dopo essere stati incitati dallo stesso cantante; molti presenti hanno definito l'ammassamento di persone una “trappola mortale”. Travis Scott mentre cantava si è spesso fermato per assicurarsi che tutto andasse bene, ma ciò non è accaduto quando si è iniziato a scatenare il caos. Sono state tante le persone che sono rimaste schiacciate dalla folla, altre si sono sentite male, ma durante questo scompiglio né Scott né gli organizzatori dell’evento sono intervenuti o hanno fermato il concerto, nonostante il pubblico chiedesse aiuto in tutti i modi. Alcuni hanno iniziato ad urlare di fermare lo spettacolo, altri addirittura si sono arrampicati sul palco. In totale ci sono stati 300 feriti e 8 morti,questo perché le ambulanze hanno avuto difficoltà ad attraversare la folla e il rapper,

 ancora, continuava a cantare e incitava il pubblico “ad alzare le mani e cantare con lui”. Tra i morti è stato trovato anche un bambino di 9 anni. Per capire meglio la situazione è bene parlare del personaggio di Travis Scott. I suoi concerti sono noti per essere “poco tranquilli”, infatti nel 2017 il rapper è stato arrestato per aver causato disordini, disturbato la quiete pubblica e per aver incitato i suoi fan “alla rivolta”. Qualche giorno dopo l’Astroworld Festival sono finalmente stati rilasciati dei chiarimenti da parte di Travis Scott, che però hanno lasciato l’amaro in bocca ai fan. Infatti, Scott sul suo account Twitter ha dichiarato di essere mortificato per l’accaduto esprimendo la sua vicinanza alle famiglie delle vittime, anche sulle stories di Instagram ha provato a giustificarsi dicendo di non essersi reso conto della gravità della situazione. Lo stesso giorno anche la fidanzata Kylie Jenner e sua sorella Kendall Jenner si sono esposte sui social dicendo che Travis non fosse a conoscenza degli incidenti mortali e hanno mostrato la loro vicinanza alle famiglie delle vittime. Molte persone, però,erano poco convinte di queste scuse dato che la stessa Kylie Jenner in una sua stories di Instragram aveva postato una foto in cui si vedeva chiaramente un’ambulanza che provava a passare tra la folla,

la stories citata è stata cancellata poco dopo. Le persone si sono subito scatenate sui social dicendo la propria opinione: una minoranza era dalla parte di Travis Scott, dato che dal palco non poteva nè vedere le ambulanze né poteva sentire il pubblico gridare, in moltissimi però sono andati contro questa affermazione e contro il rapper.Tanti, tra i fan stessi, delusi dal comportamento del proprio idolo, si sono espressi contestandolo, citiamo uno tra questi che su Twitter ha scritto: “Sono un grande fan di Travis, ma ha bisogno di capire quando darsi una bella calmata. So che è noto per la rabbia ed è figo, ma l’altra sera era fuori controllo. Incita questa roba regolarmente, è il suo modo di fare.” Sui social, inoltre, i fan hanno ricordato i vecchi show di Scott per provare che il rapper abbia sempre promosso questo tipo di ambiente furente che ha portato alla tragedia dell’Astroworld; uno tra questi ha twittato: “Deve assumersi le sue responsabilità”. In conclusione, il pensiero condiviso da tutti è rivolto ai cantanti, i quali devono mettere sempre al primo posto il benessere dei propri fan, essere responsabili e assicurarsi che non si verifichino più situazioni del genere, dato che ai concerti si dovrebbe solo pensare a divertirsi, senza aver paura di morire.

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