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VITO, UN VOLTO INVISIBLE

Davide Buonaurio
II F

 

Fino al 28 luglio di questa estate chiedeva l’elemosina a via Tarsia, vicino la stazione di Montesanto: Vito, nigeriano, sulla trentina, aveva abbandonato la sua famiglia, i suoi lavori part time e i suoi studi a Lagos ed era arrivato in Italia su un barcone da Benin in cerca di una vita migliore. Era qui a Napoli da circa quattro anni. Passavamo di lì tutti i giorni per andare e tornare da scuola, e qualche volta lo aiutavamo con qualche moneta. Ci conoscemmo meglio agli inizi di maggio: allora lui aveva recentemente perso la madre in Nigeria, ed era rimasta sola la sorellina più piccola. Fu mentre egli ci raccontava questa cosa tra le lacrime che espresse il desiderio di tornare indietro in Nigeria, di tornare lì donde era fuggito, e che noi decidemmo di aiutarlo davvero. Organizzammo una colletta nella nostra scuola e raccogliemmo soldi in quattro chiese di provincia (tre a Quarto ed una a Fuorigrotta). Aiutati anche dalla Caritas di via Trinchera, mettemmo su poco meno di mille euro, con i quali pagammo un tampone molecolare, un passaporto provvisorio ed il suo biglietto di ritorno in Nigeria. Vito partì il 28 luglio ed arrivò a Lagos il mattino dopo. Durante il tragitto di ritorno a casa, però, sulla strada tra l’aeroporto della capitale e Benin, il suo pullman fu assaltato da un gruppo di terroristi di Boko Haram. I jihadisti, che si erano appostati sulla Highway per estorcere soldi ai turisti che facevano ritorno, spararono sui passeggeri, facendo nove vittime all’istante. Vito fu uno dei pochi a guarire dalle ferite in ospedale: ora si è ricongiunto con la famiglia e con la sorella. Durante il suo ricovero ci siamo tenuti in contatto, e recentemente nella nostra scuola abbiamo anche organizzato una nuova colletta: volevamo mandargli una qualsiasi somma per aiutarlo a comprare le medicine per la sua guarigione. Sennonché, proprio alla fine, egli non è riuscito a fornirci prove sulle sue condizioni, né un modo sicuro con cui mandargli i soldi (con tutta probabilità, Vito era guarito dalle ferite, e aveva finto di non esserlo affinché noi gli mandassimo comunque i soldi della colletta). 

Zeno Formato
I E

Si conclude così in giallo l’odissea di Vito, la strana storia di uomo senza speranze per il futuro, baciato dalla carità di una comunità studentesca e dalla solidarietà di quattro parroci: all’incertezza di questo finale si contrappone proprio il forte ruolo giocato dalla solidarietà e dalla decisiva forza scaturita, senza la quale nulla sarebbe stato possibile. Solidarietà che in Italia, travolta dalla crisi epidemica, è venuta a mancare nel momento del bisogno, nell’ora più buia. Sbocciata alla fine di un anno scolastico devastante, nel momento più cupo di un’istruzione allo sfacelo, fiorita in mezzo a studenti provati dalla didattica a distanza, privati dell’umanità del contatto e della socialità, tale solidarietà rappresenta il nostro riscatto. Nata in un paese lacerato dal conflitto e dall’odio, diviso dalle disuguaglianze e dai divari sociali, in un paese messo a tacere dall’egoismo e dall’omertà, piegato dalla stanchezza e dal rancore, per Vito tale solidarietà rappresenta il barlume di speranza, l’unico punto d’appiglio in un mare in tempesta.
Vito, nigeriano, sulla trentina, fuggito in cerca di una vita migliore, immagine di una società in decomposizione. Il suo è un volto sofferente, ma invisibile. Grida aiuto, ma in silenzio. È lì, ma è quasi impercepibile. Impalpabile. Il suo volto è sulla panchina di una piazza, addormentato. Il suo volto è su un marciapiede, supplicante. Il suo volto è in una campagna, coperto di sudore e fango. Il suo volto è in un treno all’alba, silente. Il suo è un volto di chi non ha smesso di lottare. Spento dalla stanchezza, deformato dalla fame e dalla fatica, indurito dal freddo e bagnato dalle lacrime, il suo volto sorride tuttora.

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